LENTEZZA E PICCOLI NUMERI, FORZA SOSTENIBILE DI UN'ALTRA MODA

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LENTEZZA E PICCOLI NUMERI, FORZA SOSTENIBILE DI UN'ALTRA MODA

8 Novembre 2019

In collaborazione con Corrado Fontana, giornalista di Valori.it

C’è chi ha deciso di percorrere una strada diversa, anche nell’abbigliamento. E al consumo parossistico e inquinante del cosiddetto fast fashion oppone un modello produttivo in cui si fondono stile ricercato, sostegno all’economia locale e coinvolgimento della clientela con piccoli numeri. Tutto questo si condensa nelle proposte di Gaia Segattini Knotwear, startup innovativa nata circa un anno fa nelle Marche, la cui proposta si basa su capi di maglieria confezionati a partire da «giacenze fine cono della migliore qualità», allo scopo di limitare lo spreco di materie prime.

«La mia idea – spiega Gaia Segattini – è stata quella di utilizzare quello che già c'è, con una scelta prima ancora di buon senso che di creatività. Accorciando quindi le distanze e attuando un processo che parte dal materiale, svolgendo un'analisi della tecnologia e dei filati disponibili in magazzino, per costruire un prodotto, svolgendo un percorso a ritroso rispetto a quello industriale solito. Ovviamente utilizzando filati di giacenza le quantità di prodotto realizzabile sono limitate, e le linee risultano piuttosto spezzettate. Perché se voglio produrre 100 maglie a collo alto, dovrò fare 20 varianti di colore». Estrema varietà e irripetibilità, nonché la lentezza intrinseca alla produzione artigianale, diventano così ingredienti obbligati e virtuosi al tempo stesso di una sorta di processo creativo inverso. Un’idea resa concreta e di successo dall’incontro tra l’esperienza – una ventina d’anni di lavoro con grandi e piccoli marchi, nonché di attività di comunicazione sul made in Italy di qualità – della designer che dà nome al progetto imprenditoriale e una piccola azienda tessile locale, la Style-Tex di Ostra (An), società resiliente negli anni recenti di crisi della manifattura.

E il pubblico sembra premiare questa avventura. Già nel primo anno di attività il fatturato complessivo dovrebbe aggirarsi intorno ai 100mila euro, e la clientela – formata soprattutto da 30-40enni del centro-nord – cresce. Ed è tanto affezionata dall’essere accorsa da varie parti d’Italia ai popup – cioè i negozi temporanei – allestiti recentemente a Bologna e Milano. Occasioni rare per poter incontrare dal vivo non solo Gaia Segattini ma anche un campionario che, altrimenti, risulta raggiungibile solo grazie alle sessioni di vendita online, con assortimenti generalmente rinnovati ogni mese e mezzo dopo che vanno esauriti in poche ore dalla messa in rete. Tanto che «stiamo cercando di implementare la tecnologia, poiché i software di vendita disponibili in questo momento, tranne che per soggetti come Amazon, non sono in grado di gestire così tanto pubblico in poco tempo». Senza contare che il commercio solo online applicato a questo tipo di produzione comporta qualche complicazione in più: tocca scattare foto per ognuna delle tante varianti di colore, ad esempio, e con pochissimi numeri anche la gestione del magazzino è laboriosa.

Ma Gaia Segattini Knotwear non sembra soffrirne troppo. E proprio dalla rete il progetto trae grande forza. Perché Internet consente di non doversi strutturare con negozi permanenti che spingerebbero il prodotto verso il segmento del lusso, aumentando i costi; e perché permette di creare relazioni con il pubblico, comunicando con trasparenza come certe fragilità si traducano in valori sociali e ambientali. Ed è in conformità con essi, e con un’idea di moda che coinvolge chi ci lavora e rispetta il cliente finale, che Gaia Segattini ha scelto anche la banca di riferimento: «Ho sempre pensato che, relativamente alle imprese della manifattura, sia perfettamente inutile che una società si occupi di tanti aspetti della sostenibilità per poi aprire un conto in una banca qualsiasi, dove si sa poi come vengono utilizzati i soldi… Erano anni che volevo fare un conto in Banca Etica. Le buone pratiche sono nelle nostre corde, e abbiamo trovato una comunione di intenti. E visto che negli ultimi anni le banche hanno creato dei problemi spaventosi, mi è sembrato un modo diverso di fare impresa insieme, avendo una sinergia complessiva e un unico punto di vista».

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